Processo a Casara.

Casara parlava anche di un libro dal titolo Processo a un alpinista con la narrazione della sua discussa salita degli strapiombi nord del Campanile di Val Montanaia e le relative “persecuzioni” durate una vita.
Ma questo volume atteso non è mai stato pubblicato, forse neppure mai scritto visto che in archivio non v’è traccia.
Ecco: questo è Severino Casara, la “mezza figura” nell’infelice definizione di “un grande”.
E’ il Casara delle vie nuove, della letteratura, dell’arte cinematografica.
E’ l’uomo “completo” che ha subito un “processo”, anzi due, perché avrebbe raccontato nel 1925 una colossale balla alpinistica circa la prima salita degli strapiombi Nord del Campanile di Val Montanaia.
L’ha fatta questa via? Non l’ha fatta? Nessuno lo sa con precisione, non c’erano testimoni.
Ma non ha importanza.
Prove o non prove lo hanno ugualmente condannato all’ergastolo visto che ha vissuto 50 anni con questo peso sulle spalle.
Neppure il beneficio dell’insufficienza di prove.
Condannato dall’opinione pubblica alpinistica di un certo settore.
Punto! Complice una presunta omosessualità (non esistente, secondo chi l’ha conosciuto bene, cioè la sorella Lelia, Emilio Comici, Mario Salvadori e altri) che, in quei tempi di “virilità di Stato” e di beatificazione del mito, era inconcepibile, imperdonabile.
Una simile “pena capitale” è scesa sulla testa di Cesare Maestri e di Tomo Cesen, tanto per nominare solo i più famosi.
Ma lì si parlava (e si parla) del terribile Cerro Torre e del colossale Lhotse, con le loro immense vie e le difficoltà disumane.
Sul Campanile di Val Montanaia, invece, si è creato un fatto assolutamente ridicolo, anomalo, assurdo, perché stiamo parlando di quattro (dicasi 4) metri quadri di parete; come dire: un paio di passaggi solamente per uno che aveva le braccia lunghissime come Casara.
“Di fronte al pericolo di morte – mi ha detto un medico interpellato – l’essere vivente riesce a produrre una carica di energia tale da superare se stesso”.
Niente da fare; Casara, nonostante le sue affermazione di innocenza, è stato condannato lo stesso.
Ne valeva la pena?